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Meglio scegliere il Gpl o il metano?

21 Mag 2020

Da sempre, l’alimentazione a gas entra in gioco quando si tratta di limitare i costi di esercizio. Di questi tempi, poi, può anche servire da lasciapassare per vetture a benzina datate e non più ammesse a circolare nei centri urbani. Quale che sia la ragione che porta a considerare la scelta di un’auto a Gpl o a metano, o di trasformare la propria vettura a benzina, l’aspetto economico va sempre considerato accuratamente.

Costi di esercizio. Se è fuori di dubbio che il pieno di gas è assai meno costoso di quello della benzina, sugli effettivi costi di esercizio va fatta chiarezza. Dato che il contenuto di energia di un litro di Gpl è inferiore rispetto a quello della pari quantità di benzina, il consumo col gas di petrolio liquefatto aumenta di circa il 25-30%. Così, il costo per il carburante non si riduce del 60%, come sembrerebbe confrontando i prezzi, ma di circa il 46%. Col metano, invece, il concetto si ribalta: un chilogrammo di gas naturale rende di più di un litro di benzina e per questo il consumo a metano è inferiore del 35-40%. Sommando a ciò il minor prezzo del gas, si ottiene un risparmio del 55-60%.

Spesa extra per l’impianto. Non bisogna però dimenticare che il prezzo di listino di una vettura a gas è superiore rispetto a quello della corrispondente versione a benzina, a meno di eventuali promozioni, e anche il montaggio a posteriori di un impianto a Gpl ha un costo non trascurabile. Si parla di circa 1.200-1.500 euro per la trasformazione a gas liquido e di 2.000 per una versione a metano. Pertanto, prima di recuperare tale esborso si devono percorrere alcune decine di migliaia di chilometri, secondo la differenza di prezzo dei carburanti e il consumo della vettura.

Sostituzione del serbatoio. Per la corretta valutazione economica si deve poi considerare che il serbatoio del Gpl va sostituito ogni dieci anni, con un costo di almeno 500 euro, mentre col metano le bombole vanno controllate ogni quattro anni. I costi della verifica sono finanziati con una piccola parte del prezzo del gas: all’automobilista resta l’importo della manodopera per lo stacco e il riattacco dei serbatoi, che varia da vettura a vettura. Nel caso essi siano di materiale composito, è però prevista solo un’ispezione visiva dopo i primi quattro anni e, successivamente, ogni due.

Manutenzione più costosa. Anche la manutenzione ordinaria può essere più costosa. L’alimentazione a gas, infatti, sollecita maggiormente le valvole del motore, cui viene a mancare l’azione lubrificante della benzina. Così, le loro sedi si possono usurare e, in assenza di punterie idrauliche, servono frequenti regolazioni del gioco e alla lunga la testata va revisionata, con costi ingenti. Va detto, però, che i modelli a Gpl o a metano progettati dal costruttore hanno sedi valvole rinforzate che mettono al riparo da tale eventualità, possibile, invece, sulle vetture trasformate a posteriori (anche a cura dell’importatore).

Calo di prestazioni trascurabile. Dal punto di vista delle prestazioni le differenze tra alimentazione a benzina e a gas oggi sono trascurabili col Gpl, più evidenti col metano, ma solo se il motore è aspirato: col turbo il divario di fatto si annulla. E l’impiego è facile: l’impianto provvede automaticamente all’avviamento a benzina, per poi passare poco dopo al Gpl; col gas naturale tale passaggio non è necessario se non alle temperature più rigide. Allo stesso modo, in caso di esaurimento del gas il sistema passa alla benzina, che per questo deve essere sempre presente nel serbatoio. Per far sì che l’impianto di alimentazione sia sempre in forma e il carburante non invecchi, conviene di tanto in tanto percorrere almeno un centinaio di chilometri a benzina: basta premere il tasto sul commutatore dell’impianto, che di solito integra anche l’indicatore di livello del gas. Solo alcuni modelli a metano di fabbrica non consentono la commutazione manuale.

Come sono fatti gli impianti. Tra Gpl e metano le maggiori differenze dell’impianto sono a livello di immagazzinamento del carburante. Il gas di petrolio liquefatto viene stoccato in forma liquida alla pressione di circa cinque bar, pertanto il serbatoio, che di solito ha forma toroidale (una grossa ciambella), è di acciaio e non è molto pesante, trova posto nel vano della ruota di scorta. La capacità nominale viene sfruttata solo all’80%, per lasciare la possibilità al gas di espandersi se la temperatura aumenta. Il recipiente è poi dotato di tre valvole di sicurezza che azzerano la possibilità di scoppio: in caso d’incendio il gas brucia in modo controllato. Il metano, invece, viene compresso ad alta pressione (oltre 200 bar) in robuste (oltre che pesanti e ingombranti) bombole di acciaio; nel caso di vetture progettate dalla Casa talvolta si impiegano più sofisticati e leggeri (ma pure costosi) serbatoi di materiale composito. Anche col gas naturale le valvole di sicurezza scongiurano il rischio di esplosione.

Questione sicurezza. Nella (remota) eventualità di perdite di gas, il metano, più leggero dell’aria, sale nell’atmosfera mentre il Gpl, più pesante, ristagna. Ciò lo rende potenzialmente più pericoloso nelle rimesse e per questo motivo col gas liquido il parcheggio nei sotterranei è consentito solo al primo piano, mentre le auto a metano non sono soggette a limitazioni: un fatto da tener presente.

L’importanza della rete. Un altro fattore importante nella scelta del tipo di alimentazione a gas è la capillarità della rete di rifornimento, assai migliore nel caso del Gpl: in Italia, ci sono oltre 4.000 stazioni di servizio, contro più di 1.300 per il metano. Inoltre, la diffusione varia da regione a regione: la situazione è più favorevole al Nord. Va anche ricordato che il self-service, pur ammesso per il Gpl, non è di fatto ancora disponibile, mentre per il metano si stima che la norma venga approvata nel 2019.

Fonte quattroruote.it